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Sentiero Belvedere - Punto 2 "Chian' da Niver"

Mappa

Sentiero

Distanza Percorso

3,2 Km

Altitudine

Min 611 m - Max 738 m

Sentiero Belvedere - Punto 2 "Chian' da Niver"

Il punto dove ci troviamo adesso ( zona Piana della Neviera), è  parte di un vecchio tratturo ,sempre facente parte del Sentiero GAL 1. Esso collegava Gallicchio a S.Chirico Raparo, ed era l’unica strada di collegamento, che permetteva di scendere sulla valle dell’Agri. Sui tratturi non si muoveva solo il gregge, ma un’intera ‘organizzazione itinerante’ di uomini e animali. Il nome tratturo comparve per la prima volta durante gli ultimi secoli dell’impero romano come deformazione fonetica del termine latino tractoria, vocabolo che nei Codici di Teodosio (401-460) e di Giustiniano (482-565), designava il privilegio dell’uso gratuito del suolo di proprietà dello stato e che venne esteso anche ai pastori della transumanza. La transumanza definibile come spostamento stagionale delle greggi dai pascoli estivi della montagna a quelli invernali in pianura, ha costituito, nella realtà storica, un fenomeno molto complesso che ha coinvolto diversi aspetti della vita e della cultura. I tratturi erano strade particolari adibite alla transumanza, ricche di pascoli per le greggi in transito e delimitate, in seguito alle numerose reintegre, da cippi con la sigla R. T. (Regio Tratturo) che ribadivano non solo i confini ma anche la presenza dello Stato.
Facevano parte di file interminabili che sui lati delimitavano le antiche vie in modo da segnalarne inequivocabilmente i confini rispetto alla proprietà privata.
Al centro della  piana, era stata costruita una Neviera, purtroppo non più presente. Anticamente, quando nevicava copiosamente, si usava raccoglierne la neve e stoccarla all’interno della neviera, Di solito tale produzione partiva da dicembre, se nevoso, e durava fino al successivo mese di giugno .La presenza di questi profondi ambienti era frequente nell’area  di vicinanze al paese, o all’interno delle masserie. Il ghiaccio prodotto veniva impiegato per raffreddare le bevande , derrate alimentari, o a volte curare la febbre, le infiammazioni e le contusioni. Le neviere, erano architettonicamente costruite in maniera agevole ed efficace, con  tetto ricoperto esternamente da chiancarelle cosparse di terriccio per rendere la temperatura interna uniforme. Attraverso un’apertura sul tetto si introduceva la neve mentre ce n’erano  una o due laterali  che permettevano i prelievi e l’ingresso agli addetti. Sul fondo dell’impianto si deponevano delle fascine che servivano ad evitare  l’inquinamento e lo scioglimento del ghiaccio. Qui vi era anche un canale di scolo che faceva defluire l’acqua all’esterno per non compromettere il restante materiale, accorgimento che garantiva la conservazione del ghiaccio per tutto il periodo estivo. Passeggiando fra i pendii  collinari o  montani di parecchie regioni italiane, non è difficile imbattersi in vecchie neviere costituite in singolari costruzioni  quasi sempre a pianta circolare con una parte interrata e l’altra in elevato.
Nel territorio di Gallicchio, ne erano presenti alcune, attualmente visibili ,una in zona strada per il cimitero, in grotta con ingresso, ancora presente semi  intatto, e un’altra zona la Monaca parzialmente crollata o altre purtroppo non piu  visibili. Le neviere, continuano  a essere testimoni di tempi in  cui la vita era molto più  dura e molto più a contatto con la natura dalla quale l’uomo ha sempre tentato di fare qualche passo avanti verso il miglioramento della propria esistenza.
Le neviere infatti, nella recente storia dell’evoluzione rappresentano simbolicamente il concetto che accompagna la progressiva emancipazione dell’uomo, il quale esprime sempre più, l’esigenza esistenziale del benessere e del comfort, ormai difficilmente rinunciabili.
E’ facile vedere in questa zona e limitrofe, il Biancone, qui in volo stazionario, in “surplace” mentre scruta attentamente il terreno sottostante alla continua ricerca delle sue prede preferite : i serpenti. Il Biancone (Circaetus gallicus) è un rapace diurno di dimensioni notevoli, di poco inferiori a quelle dell’Aquila reale. Può arrivare a misurare circa 70 centimetri di lunghezza e avere un’apertura alare di 170-190 cm (le femmine raggiungono le maggiori dimensioni).Si tratta di uno dei rapaci più noti per via delle sue particolari abitudini alimentari. E’ conosciuto, infatti, anche con il nome di Aquila dei serpenti, perché la sua dieta è costituita quasi al 90% da serpenti.